Un Ordine territoriale dei Medici Chirurghi ed Odontoiatri ebbe ad infliggere ad un proprio iscritto la sanzione disciplinare della sospensione, temporanea, dall’esercizio della professione, per aver rilasciato due certificati afferenti la condizione psico-somatica di un minore, in relazione ai rapporti con i genitori, senza aver effettuato le dovute indagini diagnostiche, bensì solamente sulla scorta di quanto riferito dalla madre, parte in causa con il padre del minore nella lite giudiziaria ove i predetti documenti vennero esibiti.
La professionista ha impugnato la sanzione disciplinare fin davanti alla Cassazione, che ha però confermato la censura per aver rilasciato i due documenti senza eseguire indagini dirette sul minore e sul padre.
La Corte non ha infatti ritenuto condivisibile la difesa del medico (la quale escludeva di aver rilasciato un formale “certificato”), evidenziando che per integrare la violazione del disposto ex art. 24 Codice deontologico dei Medici, è sufficiente un’attestazione che formalmente provenga da un professionista medico, poichè atta ad ingenerare la fede che propriamente è collegata ai formali suoi certificati quanto a diagnosi e prognosi.
Nell’art. 24 del Codice deontologico d’altronde viene usato il termine più lato di “certificazione”, e la norma è tesa a tutelare l’affidamento ingenerato nei profani da scritti, comunque afferenti lo stato di salute psico-somatico, redatti da soggetto professionista.
(Cassazione civile, Sez. II, n. 25946 del 16/11/2020)